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Cardiologia

Il defibrillatore sottocutaneo S-ICD

Autori
Giovanni Bisignani - Silvana De Bonis - Antonio Bisignani

24,50 €

  • publish date aprile 2018
  • ISBN 978-88-299-2915-3
  • Code Piccin 0227820
  • Pages 206
  • Binding Cartonato
Storia, evoluzione e pratica clinica

Presentazione

È per me un grande piacere introdurre il nuovo libro “Il defibrillatore sottocutaneo: storia, evoluzione e pratica clinica” di Giovanni Bisignani e co-Autori. Il piacere, duplice, è legato alla ventennale sincera amicizia che mi lega a Giovanni ma nondimeno al riconoscimento delle sue grandi qualità scientifiche ed organizzative.
Il defibrillatore/cardioverter impiantabile (ICD) rappresenta sicuramente una delle grandi scoperte della medicina contribuendo all’allungamento della vita media. Il primo report scientifico che ha documentato l’efficacia di tale device è stato lo studio MADIT che ha dimostrato i benefici dell’ICD nel ridurre in modo significativo la morte improvvisa, che rappresenta circa il 50% del numero totale delle morti cardiovascolari. Una possibile complicanza, però, dell’utilizzo dell’ICD è l’infezione del device che si presenta nell’1-2% dei casi, ponendo difficili e rischiosi quesiti terapeutici, come la terapia antibiotica per curare l’endocardite e
l’estrazione meccanica transvenosa degli elettrocateteri. Il defibrillatore sottocutaneo sopravanza questi limiti mantenendo inalterate le possibilità terapeutiche antiaritmiche.
I pazienti potenziali candidabili ad un ICD tradizionale, e quindi anche ad un ICD sottocutaneo, possono essere divisi in due gruppi. Il primo gruppo comprende pazienti con malattia cardiaca strutturale in cui il rischio di aritmie potenzialmente letali è fondamentalmente legato al grado di disfunzione ventricolare sinistra. I più frequenti pazienti di questo gruppo sono i soggetti con disfunzione ventricolare sinistra post-infartuale, ma altre categorie di pazienti come quelli affetti da cardiomiopatia dilatativa primitiva, da cardiomiopatia ipertrofica, o displasia aritmogena del ventricolo destro possono essere candidati ad un ICD, e quindi ad un ICD sottocutaneo. Nei pazienti con severa disfunzione ventricolare sinistra l’ICD ha dimostrato essere la migliore protezione dalla morte aritmica improvvisa.
Nel secondo gruppo sono compresi pazienti che non hanno una evidente malattia cardiaca strutturale, ma una sindrome genetica associata ad un rischio di morte improvvisa. Una storia familiare di morte improvvisa ed anomalie elettrocardiografiche permettono in molti casi la diagnosi. Tipici sono i pazienti affetti da cardiopatie aritmogene ereditarie da sindrome di Brugada, da tachicardie ventricolari polimorfiche catecolaminergiche, etc., spesso sono soggetti giovani e con una lunga aspettativa di vita. Per questi ultimi, l’ICD sottocutaneo rappresenta un’attraente strategia terapeutica considerati i vantaggi legati all’assenza di elettrodi all’interno delle camere cardiache. Nell’ICD sottocutaneo, la mancanza del collegamento diretto tra ICD e cuore (l’elettrodo da shock è parimenti sottocutaneo) ha il vantaggio di evitare che un’eventuale infezione del sistema elettrodico si propaghi all’endocardio, eludendo la necessità di estrazione in caso di malfunzionamento, il pericolo di danneggiamento delle sezioni cardiache o dell’asse venoso intra-toracico.
Inoltre le recenti linee guida 2017 AHA/ACC/HRS per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa consigliano il defibrillatore sottocutaneo in tutti i pazienti che hanno bisogno di un defibrillatore impiantabile ma privi di accesso vascolare adeguato, oppure ad alto rischio di infezione, quando non vi è necessità di stimolazione antibradicardica, antitachicardica o di resincronizzazione cardiaca (indicazione di classe I). Il testo, il primo sull’argomento, riporta con una dettagliata iconografia, le indicazioni corrette al defibrillatore sottocutaneo, la tecnica di impianto, le recenti innovazioni in ambito anestesiologico, la possibilità del controllo in remoto. Molto interessante è infine il capitolo dedicato alla risonanza magnetica cardiaca in portatori di defibrillatore sottocutaneo:
esso risulta, a mio avviso, essenziale per l’elettrofisiologo in quanto fornisce una road map per modificare il device in “modalità di protezione MRI”, a favore del paziente con defibrillatore sottocutaneo a cui viene, quindi, consentito di effettuare (o ripetere laddove necessario) l’esame in sicurezza e senza pericoli.
A Giovanni Bisignani e ai co-Autori porgo le mie congratulazioni per aver colmato con questo testo, completo e dettagliato, il vuoto di informazioni su questa nuova straordinaria opportunità. Il defibrillatore sottocutaneo, infatti, consente il trattamento efficace di aritmie cardiache letali senza una continuità fisica con le camere cardiache proteggendo il paziente da importanti complicanze.

CIRO INDOLFI
Professore Ordinario di Cardiologia
Presidente-Eletto della Società Italiana
di Cardiologia (SIC)

Pagine Romane

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